Pescara. Nella giornata mondiale dei Giusti, istituita nel 2012 dal Parlamento europeo su proposta della Fondazione Gariwo e approvata all’unanimità dal Parlamento italiano nel 2017, anche Pescara ha partecipato alle celebrazioni con la piantumazione di due alberi, nel Giardino dei Giusti di Pescara in Villa Sabucchi, che onorano Rocco Chinnici e Khalida Popal.
Chi sono i Giusti?
«I Giusti dell’Umanità sono tutti coloro che si sono sacrificati (spesso, ma non necessariamente, perdendo la vita) per salvare altre persone perseguitate o hanno lottato per la Vita, la Libertà, la Dignità e l’Uguaglianza. Non sono né eroi né santi» .
Nel Talmud di Babilonia è scritto, «Chi salva una vita salva il mondo intero», ed è con questo spirito che Il Giardino dei Giusti Pescara ha accolto con la piantumazione di due alberi nella giornata del 6 marzo 2025, Rocco Chinnici e Khalida Popal.
Alla manifestazione di questa mattina hanno partecipato duecentocinquanta studenti in rappresentanza dei circa mille che hanno lavorato alla realizzazione di questa giornata.
La cerimonia si è svolta a Villa Sabucchi alla presenza del responsabile del Giardino dei Giusti di Pescara, Oscar Buonamano, del presidente del Consiglio Comunale, Gianni Santilli, dell’assessore Cristian Orta, dei dirigenti scolastici delle cinque scuole che aderiscono al progetto Conversazioni a Pescara (Liceo scientifico Galileo Galilei, Istituto di Istruzione Superiore Alessandro Volta, Liceo Artistico Musicale-Coreutico Misticoni-Bellisario, Liceo Classico D’Annunzio, Liceo scientifico Leonardo da Vinci), Carlo Cappello, Maria Pia Lentinio, Raffaella Cocco, Antonella Sanvitale, Stefania Petracca.
Le ragazze e i ragazzi coinvolti hanno espresso 1632 voti dopo aver studiato le otto biografie di Giusti (quattro donne e quattro uomini) proposte dal presidente della Fondazione Gariwo, Foresta dei Giusti, Gabriele Nissim, e dal responsabile del Giardino dei Giusti di Pescara, Oscar Buonamano, esprimendo la preferenza per il promotore del primo pool antimafia d’Italia, Rocco Chinnici e per l’ex calciatrice afghana, Khalida Popal, che ha salvato dal regime talebano le calciatrici della squadra del suo Paese e i loro familiari.
Il risultato del lavoro degli studenti ha determinato questo risultato:
Rocco Chinnici, 277, T. Smith, J. Carlos, 263, Luca Attanasio, 106, Antoine Leiris, 171, Azucena Villaflor, 228, Shirin Ebadi, 133, Marielle Franco, 156, Khalida Popal, 298.
Il totale dei voti espressi è 1632.
Gli alberi di Rocco Chinnici e Khalida Popal si aggiungono a quelli già presenti nel Giardino dei Giusti di Pescara e dedicati a Simone Veil, Gianni Cordova, Ada Rossi, Nelson Mandela, Felicia Impastato, Dimitar Peshev, Wangari Muta Maathai, Carl L. H. Long.
Ecco i testi delle due targhe e, a seguire, la biografia dei due Giusti.
Rocco Chinnici (Misilmeri, Italia, 19 gennaio 1925 – Palermo, Italia, 29 luglio 1983)
Promotore di gruppi di lavoro che diedero una prima forma a quelli che saranno definiti pool antimafia. Volle accanto a sé due giovani magistrati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con i quali avviò le prime indagini che portarono ai più grandi processi per mafia degli anni Ottanta.
Khalida Popal (Kabul, Afghanistan, 21 maggio 1987)
Una delle fondatrici della nazionale femminile di calcio afghana, ha salvato dal regime dei talebani circa trecento persone, le nazionali senior e giovanile del suo Paese e i loro familiari. Con l’organizzazione Girl Power, da lei fondata e guidata in Danimarca, promuove l’inclusione delle donne con esperienze migratorie.
ROCCO CHINNICI (1925 – 1983)
Promotore del primo pool antimafia del Tribunale di Palermo, ucciso dalle cosche
Nato a Misilmeri il 19 gennaio 1925, Rocco Chinnici frequentò il Liceo Classico a Palermo, dove si iscrisse poi alla Facoltà di Giurisprudenza, conseguendo la laurea il 10 luglio 1947. Nel 1952 vinse il concorso di Magistratura e, per i due anni di uditorato, venne assegnato al Tribunale di Trapani. Dal 1954, data di nascita della sua primogenita Caterina, rimase per 12 anni alla pretura di Partanna. Questa lunga tappa professionale lo portò a diretto contatto con la cittadinanza, segnando profondamente la sua personalità e dandogli la possibilità di esercitare le sue grandi doti umane e professionali. Instaurò infatti con la popolazione locale una eccezionale sintonia, che lo portò, tra l’altro, a ritardare a lungo la partenza per un ufficio giudiziario più prestigioso. In quel felice periodo nacquero gli altri due figli del magistrato, Elvira (gennaio 1959) e Giovanni (gennaio 1964). Nel maggio del 1966 fu trasferito a Palermo, presso l’Ufficio Istruzione del Tribunale, come Giudice Istruttore: iniziò così ad occuparsi dei casi più delicati.
Nel 1970 gli venne assegnato il primo grande processo di mafia, quello per la strage di viale Lazio, e nel 1979 fu designato Consigliere Istruttore, iniziando a dirigere da titolare l’ufficio in cui operava da tredici anni. È in questo periodo che le istituzioni italiane cominciano a vacillare sotto i colpi di una mafia ormai diventata talmente potente e sfrontata da sfidare apertamente lo Stato. Fu allora che Chinnici ebbe una grande intuizione, creando, nel suo ufficio, dei veri e propri gruppi di lavoro, scelta per allora rivoluzionaria, dando quindi una prima forma a quelli che saranno poi definiti pool antimafia. Accanto a sé volle, tra gli altri, due giovani magistrati: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con cui avviò le prime indagini di quelli che si caratterizzeranno come i più grandi processi per mafia degli anni Ottanta.
L’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo divenne, sotto la sua guida, un esempio di organizzazione giudiziaria per le altre magistrature d’Italia. Ma Rocco Chinnici non esaurì la sua attività all’interno delle aule. Riprendendo quel contatto diretto con la gente che aveva caratterizzato il suo lavoro di pretore a Partanna tanti anni prima, riprese i panni del magistrato impegnato a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni. La sua attenzione si rivolse in particolar modo verso i giovani; Chinnici partecipò infatti a numerosi incontri pubblici e nelle scuole, per parlare ai ragazzi della mafia e del pericolo della droga, strumento di potere e di guadagno dei clan.
È proprio nel pieno di quest’attività professionale, sociale e culturale che, il 29 luglio 1983, Chinnici rimase vittima di un attentato. Sotto casa sua, infatti, la prima delle tante autobombe che verranno tristemente utilizzate nelle stragi degli anni ’90, pose fine alla vita del giudice, segnando l’ulteriore e drammatico inasprirsi della strategia mafiosa. Insieme al magistrato persero la vita il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi, e i due carabinieri della scorta, Salvatore Bartolotta e Mario Trapassi.
In una delle sue ultime interviste, Chinnici aveva dichiarato: «La cosa peggiore che possa accadere è essere ucciso. Io non ho paura della morte e, anche se cammino con la scorta, so benissimo che possono colpirmi in ogni momento. Spero che, se dovesse accadere, non succeda nulla agli uomini della mia scorta. Per un magistrato come me è normale considerarsi nel mirino delle cosche mafiose. Ma questo non impedisce né a me né agli altri giudici di continuare a lavorare».
KHALIDA POPAL (1987)
Calciatrice, ha contribuito a salvare 300 persone in fuga dai talebani
Il suo goal più bello, che le è valso pure il riconoscimento del presidente americano Joe Biden, lo ha segnato il 18 novembre del 2021 quando, all’aeroporto di Stansted Londra, è atterrato un volo proveniente da Kabul con a bordo le calciatrici della nazionale femminile dell’Afghanistan e i loro parenti in fuga dal regime del terrore imposto dai talebani tornati al potere.
Il New York Times descrive così la sua reazione quando, nell’agosto del 2021, i talebani hanno ripreso il potere e fatto sprofondare definitivamente l’Afghanistan nelle tenebre. Con un attacco di panico: «L’ex capitano e una delle fondatrici della nazionale femminile di calcio afghana, si è svegliata sul pavimento del suo appartamento vicino a Copenaghen, bagnata di sudore e tremante. Era crollata e non riusciva a parlare».
Oggi Khalida Popal è riuscita a evacuare la nazionale femminile senior e la squadra giovanile dell’Afghanistan, insieme ai loro familiari, in Australia, a Londra, in Portogallo, in tutto 300 persone sottratte alla morsa dei talebani da cui lei era scappata nel 2011 perché diventata un bersaglio mobile. L’ex capitana della nazionale afghana è diventata una leggenda anche perché l’organizzazione Girl Power da lei fondata e guidata in Danimarca per promuovere l’inclusione delle donne con background migratorio, è diventata un marchio globale dell’attivismo sportivo. La missione di favorire l’emancipazione femminile è servita a creare una rete internazionale per formare leader attraverso un’accademia, Girl Power International Leadership Academy, favorendo la parità di genere, aiutando le minoranze, i rifugiati, i migranti in Europa, in Medio Oriente e persino in Africa, in Nigeria e in Ghana.
Popal tiene conferenze in tutto il mondo, alla FIFA, alla UEFA, alle Nazioni Unite e alle conferenze sulla pace e sullo sport per portare avanti il suo messaggio sul potere delle ragazze. In un articolo scritto nel marzo del 2024 sul pagina web dell’UNHCR ha raccontato la sua sfida per l’empowerment femminile: «Crescere in un ambiente dominato dagli uomini e lacerato dalla guerra ha fatto emergere lo sport, in particolare il calcio, come uno strumento potente per l’attivismo. Noi donne abbiamo sfruttato la forza dello sport per infrangere gli stereotipi e ispirare le giovani ragazze a sognare oltre i confini delle loro circostanze. Nel nostro percorso, il calcio ha dimostrato costantemente la sua capacità di unire le persone, indipendentemente dalla lingua, dalla religione o dalle opinioni politiche. In campo, tutti condividevano un linguaggio comune di amore e unità, cancellando le divisioni che affliggevano la nostra società».
Nel giugno 2024, la sua storia straordinaria è diventato un libro, My Beautiful Sisters: A Story of Courage, Hope and the Afghan Women’s Football Team, pubblicato da Hachette UK.
Khalida Popal nel 2007 ottiene dalla AFF Afghanistan Football Federation il mandato a costituire la prima nazionale di calcio femminile del Paese. Per giocare in sicurezza, le atlete vengono ospitate dal campo della base Nato di Kabul e nella partita di esordio contro la squadra femminile delle Nazioni Unite vincono 5 a 0.
Nel 2011 quando le minacce di morte mettono a rischio la sua incolumità e quella dei suoi familiari Khalida Popal decide di lasciare il Paese e di andare in esilio. La UEFA le conferisce il premio Equal Game Awards nel 2021 per il suo impegno nella lotta agli stereotipi di genere e per l’empowerment delle donne attraverso lo sport.
Nel 2018, dall’esilio, Popal sostiene le calciatrici afghane che denunciano tecnici e dirigenti per abusi sessuali. Ne seguono inchieste che ricevono attenzioni internazionali e che portano la FIFA a squalificare a vita il presidente federale afghano Keramuddin Karim.
La situazione precipita il 15 agosto 2021 quando il generale maggiore Chris Donahue è l’ultimo soldato americano a lasciare l’Afghanistan. Per le calciatrici afghane, in ballo non c’è più solo il diritto a giocare ma quello di vivere. Khalida Popal smuove il mondo, coinvolgendo anche le linee aeree australiane che mettono a disposizione un aereo per far espatriare le giocatrici con i loro parenti. Alla fine, riesce a far evacuare 300 persone.
Oggi Khalida Popal non è più solo l’icona della squadra di calcio afghano per cui ha cercato e cerca il riconoscimento della Fifa, ma una leggenda per tutte le donne che hanno imparato a volare attraverso il calcio e lo sport. Khalida Popal e la sua squadra difendono i diritti umani delle rifugiate ma creano pure ponti e connessioni con realtà sportive in tutto il mondo.