Cronaca

Pescara, Riserva dannunziana: si riapre agli inizi di marzo

Pescara. Riaprirà al pubblico all’inizio di marzo la Riserva dannunziana, dove sono in corso di completamento le operazioni di piantumazione di 1.000 nuovi esemplari e la manutenzione sulle 170 alberature pericolose rilevate dalle Visual Tree Assettment. Gli esiti e i tempi sono stati al centro di una conferenza a cui hanno preso parte il sindaco Marco Alessandrini, l’assessore alla Riserva Paola Marchegiani, il professor Paolo Sgherzi, dell’università della Tuscia che ha portato avanti monitoraggi e rilievi, il responsabile del servizio Verde Mario Caudullo e l’agronomo Luigi Lo Giudice.

“Sappiamo che la Riserva è stata chiusa da tempo e che a qualcuno questo tempo può apparire incomprensibile, ma non lo è – così il sindaco Marco Alessandrini – L’amministrazione pubblica è una cosa complicata e chi pensa che la semplificazione si possa fare a parole, sbaglia di grosso. E’un grande privilegio lavorare a una Riserva unica e importante come quella dannunziana. Ogni volta che c’è di mezzo la manutenzione degli alberi ricordo sempre la battaglia che si è combattuta su Pescara quando si trattò di abbattere alberi pericolosi, noi abbiamo la prevenzione come priorità, perché il nostro è un patrimonio è di 24.000 alberi che presto si arricchirà di altri 3.000 esemplari, 1.000 dei quali andranno in riserva. E’ una decisione bella, perché gli alberi sono esseri viventi, ma vanno rispettati e controllati nei luoghi in cui la fruizione è aperta alla cittadinanza, perché deve essere in sicurezza”.

“Ringrazio il professor Sgherzi che è voluto stare qui per far capire l’importanza del lavoro svolto in questo tempo necessario di chiusura, un tempo che ci consentirà di riaprire in bellezza la prima settimana di marzo – così l’assessore alla Riserva Paola Marchegiani – Riconsegniamo ai cittadini una Riserva che essendosi riposata in questo tempo di chiusura che dal punto di vista floristico e faunistico, è migliorata. Di concerto con gli uffici sono stati compiuti interventi a tutela delle piante, sono state estirpate le piante non autoctone, aumentate le zone interdette al caplestio, con un sistema di palo-corda-palo che renderà più sicura la fruizione delle aree al pubblico e allo stesso tempo abbiamo provveduto alla ripiantumazione di 1.000 piante e cespugli con la prevalenza del pino d’Aleppo, specie più autoctona e identitaria. La Riserva riapre più bella, sicura, ordinata: non potevamo tenerla aperta con il rischio che fosse pericolosa per famiglie, bambini e sportivi che la frequentano, il tempo trascorso è stato quello necessario, ci sono stati incontri per condividere le azioni messe in atto, abbiamo operato in piena sinergia con la Soprintendenza paesaggistica e ormai portato a termine tutte le tappe in linea con i necessari parametri. Ringrazio tutti e questa grande attenzione alla riapertura è di certo un segno di attenzione verso questo patrimonio sentito e apprezzato come una parte importante della città”.

“Con la riapertura ormai imminente si chiudono le tappe amministrative che gli Uffici hanno portato avanti – così il responsabile del Servizio Verde Mario Caudullo – Come Ente gestore, ancor prima che come Comune, abbiamo obblighi di legge e piccoli finanziamenti regionali per la manutenzione e la programmazione degli interventi. Per questo quattro anni fa abbiamo commissionato il primo Visual Tree Assetment e lo abbiamo rinnovato ora. Controllo, ma anche altre azioni, prima della messa in sicurezza era infatti in opera il progetto organico per eliminazione delle piante esotiche che infestano la Riserva, finanziato con il fondo ordinario della Regione Abruzzo 2018 e anche quello inerente il contenimento della sentieristica, per una fruizione che tenesse conto delle differenze sostanziali fra riserva e parco. La riserva gode di una sorta di autonomia gestionale attribuibile alla natura, deve quindi avere angoli di naturalità, lasciati al ciclo biologico della riserva che è molto diverso da quello di un parco, dove alberi e rami caduti vengono rimossi perché non turbano questo particolare equilibrio che in una riserva ha un valore diverso. Tutto questo però determina un problema di fruizione in una riserva, che deve essere sicura per chi la vive e che attraverso l’interdizione di alcune sue aree deve garantire il ciclo naturale della riserva stessa. La delimitazione avviene attraverso dei dissuasori palo-corda-palo, sistema già adottato alla Riserva di Torre di Cerrano a tutela del sistema dunale. Questo sistema prossimo alla sentieristica svolgerà la funzione ecologica e di protezione e tutela del fruitore. Eravamo posti a un bivio: mettere in sicurezza tutta la riserva in modo massivo, in modo da renderla tutta fruibile, ma determinando un abbattimento imponente di alberi, oppure, limitare le aree di fruizione lasciando spazi naturali liberi, ma inaccessibili. La scelta è ricaduta su questa opzione. Per farlo ciò abbiamo dialogato con la Soprintendenza sia per l’eliminazione delle piante pericolose, che per la piantumazione dei nuovi 1.000 esemplari che non solo compenseranno gli abbattimenti fino ad oggi compiuti e mai reintegrati che sono circa 500, ma potenziano con altri 500 esemplari gli assetti della Riserva. Tutte le tappe sono contenute nel Visual Tree Assetment, un documento di carattere legale che attesta tutte le azioni volte alla mitigazione del rischio, perché l’eliminazione del rischio non esiste nell’ambito della dimensione biologica. Abbiamo operato come un buon padre di famiglia per produrre un documento legale fatto da tecnici che fanno la verifica degli alberi su 13.000 Visual Trees Assetment valutazione visiva e strumentale che certifica l’agibilità, 170 piante da tagliare. Quattro anni fa commissionato studio della valutazione del rischio i tempi sono scaduti ed è stato necessario ricommissionare uno studio nuovo

“I mesi di chiusura in pieno periodo di fortificazione hanno creato un mondo magico – esordisce il professor Paolo Sgherzi, tecnico incaricato delle VTA e docente dell’Università della Tuscia – Abbiamo avuto una fruttificazione eccezionale ovunque. Non è un intervento che nasce dal nulla, ma è ragionato e preceduto da uno studio preliminare degli uffici per identificare e distinguere le aree fruibili da quelle da tutelare. E’ importante l’approccio al problema volto a facilitare la convivenza del polmone verde con i fruitori ultimi. Uno studio che ha ben isolato che l’elemento di disturbo della Riserva è quello antropico, ma le presenze faunistiche e floristiche sono davvero eccezionali: abbiamo avuto l’onore di vedere vicino alla piccola lecceta del laghetto un vero “cerchio delle streghe” di amanita ovoidea nei pressi del laghetto, così altre specie che attestano l’esistenza di un ambiente integro e con delle potenzialità non indifferenti. La via intrapresa è dunque quella giusta, permettere la fruizione ai cittadini, instradandoli nelle aree più frequentate e tutelare l’unicità dei percorsi nati come frutto del controllo costante.

Sono 170 piante da eliminare sulle 13.000 esaminate a vista e con strumenti, delle 170 130 erano totalmente compromesse. La Riserva ha luoghi in cui gli alberi sono più vulnerabili ed è qui che abbiamo individuato un ospite pericoloso qual è il fungo “poro dedalea pini” che attacca gli esemplari deboli, minando la loro stabilità perché si attacca alle radici, trasforma la sostanza secca e la fa ridiventare organica e si nutre di cellulose, toglie il cemento dentro le fibre.

Privilegiamo le aree che stanno meglio, salvaguardando quelle dove si sono innescati meccanismi naturali, angoli importanti per la Riserva che è una delle più belle e di valore d’Italia. Abbiamo spostato il limite di fruizione in modo che ci sia tutela ecologica, degli esemplari e pubblica, per i frequentatori: è questo il modo di procedere che gli uffici hanno avviato e che dovete portare avanti per il bene della città e di questa speciale Riserva”.

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