Cultura e eventi

Santroni e Martelli: “La vicenda del mercatino etnico non una questione tecnica o urbanistica, ma una questione di integrazione e civiltà per la città di Pescara”

Pescara. “A chi oggi ci accusa di voler “legalizzare il mercato della contraffazione” noi rispondiamo che questo è il film già visto e andato in onda negli ultimi 20 anni e che quello che accadrà invece è ancora tutto da vedere e per il momento parlano gli atti che vanno giusto nella direzione opposta”.
Così in una nota Daniela Santroni e Ivano Martelli del gruppo di Sinistra Italiana del Comune di Pescara, che aggiungono: “Il centrodestra che oggi presenta oltre 800 emendamenti nei 5 anni di governo non ha mosso un dito né proposto azioni di emersione dall’illegalità e di rispetto della dignità del lavoro. La soluzione proposta dall’Amministrazione comunale è frutto di un percorso condiviso con la comunità senegalese che tende a offrire un’occasione di integrazione reale e inclusione attiva: consentendo agli stranieri, e non solo, che lavorano nel commercio ambulante di avere un punto di riferimento unico, organizzato, funzionale e regolare nel quale accogliere i propri clienti; rappresentando un’opportunità di lavoro per diverse persone; limitando le forme di attività commerciali irregolari; contribuendo a ravvivare la comunità pescarese e incrementando le occasioni di integrazione tra autoctoni e culture altre; rispondendo all’esigenza dei cittadini, tutti, di decoro urbano, sicurezza e promozione della legalità e del lavoro. Pertanto, seppur gli esiti non sono affatto scontati, possiamo affermare che questa è la prima Amministrazione della città che si pone come obiettivo quello dell’integrazione e della dignità del lavoro migrante. Un primo risultato lo abbiamo già raggiunto. Parte degli ambulanti stranieri (di diverse nazionalità) si sono costituiti in cooperativa. E già questa è integrazione. Una volta adottata la delibera sarà possibile emanare adeguato avviso pubblico a norma di legge per individuare il soggetto gestore dell’area commerciale che si andrà ad insediare. A chi invece ci accusa di “spendere” soldi per una minoranza etnica di operatori commerciali e di non considerare i nativi italiani, sono i dati 2016 di Confesercenti a parlare. Nell’ambito del commercio ambulante nazionale gli imprenditori non italiani sono la maggioranza: ad agosto 2016 le attività guidate da stranieri erano 103mila, il 53,1% del totale e il 4,9% in più rispetto allo scorso anno. Comprendiamo che la crisi economica, le politiche di austerity europee e l’impatto con l’emergenza migranti facilitano la diffusione di opinioni xenofobe e populiste. Ma non è cavalcando la “guerra tra poveri” che risolveremo la questione e uniremo la città. Se chi, oggi, tra i banchi dell’opposizione, ci tiene a sottolineare il proprio non voler essere né razzista, né divisivo, fosse mosso da un autentico intento e non da becere strumentalizzazioni, non avrebbe dubbi sul contributo che quotidianamente i non italiani residenti danno al tessuto socio-economico del Paese. Basta guardare in faccia la realtà: grazie alle tasse e ai contributi della popolazione migrante che si regge oggi il nostro sistema pensionistico, grazie all’incremento delle nascite delle famiglie migranti che si tempera il saldo demografico negativo in Italia (- 5.000 in Abruzzo). Forse a questo punto se vogliamo cogliere le sfide della società del futuro senza diventare preda della paura è arrivato il momento anche di una piccola restituzione e di costruire una società civile e inclusiva. Non possiamo cedere al populismo e all’intolleranza, bisogna far rispettare l’articolo 3 della costituzione, ovvero rimuovere ogni ostacolo economico e sociale che limita libertà e uguaglianza. E tempo di superare la logica dei i meri calcoli elettorali, il mercatino etnico è una grande oppurtunità per regolarizzare diritti e doveri e rendere la nostra comunità più integrata”.

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