Cultura e eventi

Paolo Meneguzzi, in radio con il nuovo singolo “Il coraggio”, si concede ai microfoni di Metropolitan

Lo scorso 3 aprile è uscito “Il Coraggio”, il nuovo singolo che segna il ritorno di Paolo Meneguzzi sul mercato italiano.

Si tratta di un brano (scritto e prodotto con Emilio Munda) dal testo maturo e dalla melodia originale, scritto in questi giorni di sofferenza. La trasformazione da una vita normale a una vita serrata nella quale a rimetterci sono sempre i “più piccoli”, che sono quelli che devono avere “IL CORAGGIO”.

Il noto cantautore ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune nostre domande. In fondo all’intervista potete ascoltare il suo nuovo brano.

– Bentrovato. Con quale spirito torna sul mercato italiano dopo un po’ di tempo?

– “Buongiorno. Ho uno spirito molto più libero e ribelle. Se prima accettavo il compromesso oggi non lo accetterei più. C’e’ un tempo per tutto. Ho investito tanto nel mio passato a livello personale. Oggi faccio la mia musica senza un progetto mediatico con la vera essenza del termine ‘arte’. Mi sento un artigiano della musica. E apparire non mi interessa più. Voglio che sia la musica il centro dell’attenzione”.

– Il brano in qualche modo assume maggiore rilevanza, soprattutto a livello di tematica, visto il periodo che stiamo vivendo?

– “Sì ma non è tanto il periodo quanto comunque il fatto che siamo ingabbiati anche senza Coronavirus. Forse non relegati in casa, ma comunque sotto scacco di un sistema che non permette quasi più nessuna libertà all’individuo e sempre meno opportunità per emergere. Comandano le multinazionali, i grandi interessi economici, tutto è in funzione di sottomettere l’individuo e farlo lavorare a beneficio loro. È in questo momento speciale, dove ci dicono che tutti siamo importanti in cui dobbiamo capire quanto siamo importanti per loro, uno per uno, perché siamo in tanti e li rendiamo ricchi. Quindi il coraggio non è di certo loro ma di ogni individuo che suda ogni giorno per arrivare a fine mese”.

– É conosciuto in diverse parti del mondo (Italia, Svizzera, Nord e Sud America, ecc.). Secondo lei qual è la chiave del suo successo in luoghi così disparati?

– “Ho lavorato tantissimo. Nel momento in cui il mondo andava più lento di oggi io viaggiavo ad una velocità di vita più elevata. Prendevo 2/3 aerei al giorno. Cambiavo hotel anche più volte in un giorno. La dedizione al lavoro era per il mio progetto, fondamentale. Le case discografiche investivano su di me proprio perché mi ritenevano una macchina lavorativa con delle buone idee. Ho fatto un grande sacrificio di vita, dedicando 24 ore su 24 per 15 anni a questo, senza pensare a divertimenti, svaghi, fidanzate. Ogni tanto mi innamoravo ma erano grandi sofferenze che usavo per scrivere i miei pezzi d’amore. Quindi anche l’amore in quel periodo diventava un mezzo per il mio lavoro. Oggi invece l’amore è mio figlio e sono cambiato tanto”.

– A quale suo brano o album è maggiormente legato e perché?

– “A nessuno in particolare e tutti allo stesso tempo. Tutti rappresentano un momento della mia vita, un passaggio. Non mi sono mai soffermato troppo a pensare a quel determinato brano, perché pensavo già all’evoluzione del prossimo. Più che altro mi soffermavo sul genere. Io credo di aver osato tanto, soprattutto musicalmente, anche perché venivo da un mondo dj, ho sperimentato ancora in tempi non sospetti, ritmiche e soluzioni elettroniche davvero alternative che poi con le mie melodie rendevano il progetto pop. Ma a livello ritmico credo di essere un precursore di un genere che ancora oggi suonerebbe innovativo. Usavo i sinth bass in maniera ossessiva e i campioni elettronici mi facevano sballare. Certi arrangiamenti di adesso di DANCE HALL o TRAP assomigliano a quello che facevo nei primi anni 2000, e alcuni miei brani fanno ancora scuola. Uno su tutti ‘Sono i sentimenti’ 2004 e il disco MIAMI è avantissimo”.

– In Svizzera è direttore artistico di una scuola di talenti. Questo ruolo come lo vive e che stimolo dà alla sua attività artistica?

– “La PopMusicSchool è una missione. Lavoro ogni giorno per dare loro delle opportunità. Un po’ come quando lavoravo tanto per me, ora lo faccio per loro. Vorrei che i ragazzi provassero ad essere scienziati. Ognuno di loro si deve sentire un inventore di qualcosa e si deve sentire speciale e unico. Senza unicità non si dura o comunque le possibilità si riducono di molto. Perciò cerchiamo di prendere la loro identità e di educarla, perché tutti noi nasciamo unici e speciali. Quello che faccio è cercare di dar loro più opportunità e nozioni possibili per un futuro in questo settore, che non è altro che un lavoro e se studiato può diventare la loro professione. Lo stimolo è uguale che lo faccia per me o per loro, la passione per questo lavoro va al di là di 10, 20, 100 o 1000 persone che hai davanti. Te ne accorgi con l’età. É un’esigenza che puoi fare per te o per gli altri. Nulla cambia in termini di emozioni quando non ti interessa solo la fama”.

Francesco Rapino

Per seguire le attività di Paolo Meneguzzi e per info, questi sono i suoi profili social:
https://www.facebook.com/PaoloMeneguzzi/ 
https://www.instagram.com/paolomeneguzzi 

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