Sui sentieri della bellezza

Due poeti di Filetto

di Massimo Pasqualone

Filetto, in provincia di Chieti, ha dato i natali a diversi poeti, tra cui non possiamo non ricordare Attilio Micozzi, che nacque il 2 marzo 1919, quarto di sette figli, in una famiglia di agricoltori. Fin dall’adolescenza mostrò una spiccata inclinazione per la poesia, soprattutto dialettale, se è vero che – come egli stesso amava ricordare- scrisse il suo primo componimento all’età di sedici anni, traendo ispirazione dalla Majella. Le prime poesie che scrisse sono andate purtroppo perdute, ma in seguito, negli anni immediatamente precedenti, e, soprattutto, successivi alla seconda guerra mondiale, la sua vena poetica trovò espressione prevalentemente in commedie e carnevalate, ispirate a momenti e situazioni della vita paesana, che riscossero buon successo quando vennero rappresentate sia a Filetto che nei paesi del circondario. Scrive pure testi per canzoni, in dialetto ed in lingua, musicate da valenti compositori sia abruzzesi che di altre regioni (ad es. il maestro Franco Potenza di Roma). Alla poesia vera e propria, che peraltro non era stata mai del tutto abbandonata, egli tornò più tardi, a partire dagli anni Sessanta, quando entrò a far parte della Settembrata Abruzzese, con sede a Pescara. La vena poetica di Micozzi è essenzialmente scherzosa e satirica (pur trattandosi quasi sempre di una satira non corrosiva ma cordiale e bonaria), ma non mancano componimenti di diversa intonazione, da cui traspare una riflessione più amara e più sofferta sulla vita nei suo vari aspetti.

Le sue poesie sono state apprezzate da poeti quali Alfredo Luciani e Giuseppe Porto, che hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti in importanti manifestazioni e concorsi.

Alcune sono state pubblicate, tra l’altro, nell’Antologia Poeti d’Abruzzo, e raccolte in due volumi: “Lu riscignole” (1980) e La ciamarelle (1986). Aveva in progetto anche la pubblicazione di un terzo volume ma, dopo breve malattia, morì a Chieti il 30 novembre 1989.

Sempre nativo di Filetto è Giuseppe Di Tullio che, nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale, godette di una vasta e meritata risonanza in Abruzzo e fuori, per la sua inesausta attività di critico, di storico e soprattutto di poeta, intrecciando la sua attività di docente a quella di letterato.

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