Politica

Foschi (Lega) su gestione Cup di Pescara nella Fase II emergenza Covid-19

Pescara. “Dipendenti del Cup, il Centro Unico di Prenotazione, della Asl di Pescara lasciati senza mascherine di protezione, senza guanti e senza gel igienizzanti, oltre che con la disponibilità di un solo ingresso per l’utenza che non permette né di centellinare gli accessi nei locali, né di garantire il distanziamento sociale. Preoccupano le condizioni di lavoro dei 50 dipendenti della Società GPI Spa di Trento, che gestisce il servizio, e che ora porteremo all’attenzione del sindaco Masci, in qualità di Presidente del Comitato ristretto dei sindaci della sanità, al fine di assicurare le necessarie misure di tutela dei lavoratori nella difficile Fase II dell’emergenza Covid-19”. Lo ha detto il Presidente della Commissione Sicurezza Armando Foschi investito della problematica da parte dei dipendenti del Cup di Pescara.
“Parliamo di 30 dipendenti che operano nel locale al pianterreno del blocco ospedaliero dello ‘Spirito Santo’, che diventano 50 unità considerando quelli dislocati nei vari Distretti sanitari – ha sottolineato il Presidente Foschi -, che hanno in comune lo stesso problema: l’assenza di Dispositivi di Protezione individuale, che non sono stati loro forniti né dall’Ospedale, visto che di fatto il Cup fa capo a una gestione esterna ‘privatizzata’, con l’affidamento alla Gpi di Trento che cura il Cup di tutto l’Abruzzo, né tantomeno dalla società stessa che avrebbe dovuto invece provvedere in tal senso. Sin dal primo giorno dell’esplosione dell’emergenza Covid i dipendenti hanno chiesto la fornitura di Dpi minimi, ovvero mascherine, guanti e gel igienizzanti per le mani, magari da poter far utilizzare anche gli utenti allo sportello, prima di maneggiare soldi, prescrizioni e carte per pagare le prestazioni. Ma tale richiesta è rimasta inevasa tanto che i dipendenti hanno dovuto provvedere personalmente e a proprie spese, come hanno riferito i lavoratori, per garantirsi una minima provvista, peraltro resa obbligatoria dai Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalle ordinanze regionali e comunali, visto che proprio gli atti tipici di tutte le pubbliche amministrazioni hanno imposto, per tutta la durata della Fase I e II dell’emergenza Covid, l’utilizzo di guanti e mascherine nei luoghi chiusi, come appunto l’Ufficio Cup, ancor più se quell’ufficio si trova nel blocco ospedaliero di Pescara che è un Ospedale Covid. Ma non basta: gli stessi dipendenti hanno segnalato sin dal primo giorno che oggi al Centro Unico di Prenotazione degli esami del nosocomio non è possibile neanche contingentare gli accessi dell’utenza, come pure è obbligatorio per legge. Infatti il cantiere, ancora in corso, aperto mesi fa per la realizzazione del nuovo Pronto soccorso ha ridotto gli spazi disponibili e costretto il Cup a fruire di un unico ingresso dove si concentra tutta l’utenza, sia in entrata che in uscita, con invitabili contatti, e soprattutto non c’è personale sufficiente per assicurare anche una presenza all’ingresso per disciplinare gli accessi, imponendo all’utenza di entrare nei locali Cup solo quando esce un altro fruitore e comunque di mantenere la distanza sociale di almeno 1 metro anche durante la fila che comunque dovrebbe svolgersi all’esterno del locale Cup e non nella sala d’attesa. Anche in questo caso, nonostante le ripetute segnalazioni, né la Gpi né tantomeno la Direzione dell’Ospedale hanno ritenuto necessario intervenire per supportare i dipendenti nell’organizzazione del servizio. E, se durante la Fase I dell’emergenza Covid-19 comunque gli accessi al Cup sono stati naturalmente ridotti viste le restrizioni generali imposte con la sospensione di tutti i servizi ambulatoriali non urgenti e programmati, così come delle attività in intramoenia, è chiaro che da oggi, con l’avvio della Fase II cambia tutto. Che significa che gli utenti potranno tornare a prenotare esami, visite, prestazioni, e se alcune attività possono essere svolte telefonicamente, è anche vero che ci sono altre prestazioni, come la stessa prenotazione degli esami del sangue o il pagamento delle visite, che necessitano dello sportello Cup. E, in assenza di controllo e di disciplina, i dipendenti temono, a partire da oggi, il ritorno della tradizionale folla nella piccola sala d’attesa, che farebbe salire in modo spaventoso il rischio di contagio e di trasmissione del coronavirus, soprattutto perché è vero che da sempre il fruitore del Cup è separato dal dipendente dal vetro, ma è anche vero che il virus può essere trasmesso dal passaggio del denaro contante, dei certificati medici o anche dalla carta di credito lasciata sul banco per i pagamenti. Non solo – ha aggiunto il Presidente Foschi -: basta un piccolo sopralluogo all’interno del Cup per rendersi conto che anche tra i dipendenti, nel back office del Cup, non ci sono spazi sufficienti per garantire il distanziamento sociale obbligatorio anche nella Fase II, anche se i ragazzi stanno lavorando a ranghi ridotti, né ci sono i tempi per una sanificazione continua dei luoghi e degli oggetti di uso comune, né c’è l’obbligatorio distanziamento tra i 4 dipendenti assegnati al recall telefonico per la conferma degli appuntamenti, che pure lavorano gomito a gomito. È evidente e normale che i dipendenti siano molto preoccupati che quel piccolo spazio del Cup si possa trasformare in un focolaio d’infezione che potrebbe avere conseguenze devastanti sul territorio. A questo punto porterò con la massima urgenza la problematica all’attenzione del sindaco Masci, in qualità di Presidente del Comitato ristretto dei sindaci della Asl, ma anche dell’assessore regionale alla Sanità Nicoletta Verì affinchè vengano adottate, con la massima urgenza, tutte le misure utili e necessarie a tutela dei lavoratori e dell’utenza del Cup, prevedendo l’utilizzo di spazi più ampi al fine di assicurare il distanziamento sociale tra i dipendenti, la fornitura immediata di una partita adeguata di dispositivi di protezione individuale, e l’individuazione di personale ospedaliero, anche tra gli addetti alla sicurezza notturna e diurna del nosocomio che, almeno in una prima fase, sia assegnato a disciplinare gli accessi al Cup così come avviene nei supermercati, che oggi rischiano di essere più sicuri e organizzati di un servizio ospedaliero. Non solo: sentiremo anche la Direzione generale della Asl per sapere quali azioni possono essere intraprese per limitare ulteriormente l’utilizzo del Cup in presenza da parte dei cittadini, ovvero consentendo la prenotazione telefonica anche degli esami del sangue, e la possibilità di pagare i ticket, anche per le prestazioni ambulatoriali ancora da effettuare, in modalità diverse rispetto allo sportello fisico”.

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