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La nuova sinistra abruzzese. Intervista a Francesco D’Agresta

L’Aquila. Francesco D’Agresta, nato a Pescara 32 anni fa, è uno dei nuovi volti della politica abruzzese. Si divide tra Roma e Pescara dove è stato recentemente eletto Coordinatore provinciale di Articolo Uno Mdp.
Quando hai iniziato a interessarti alla politica?

La prima tessera credo di averla fatta a 17 anni, ma ricordo ancora la faccia perplessa di mio padre quando, in seconda media, mentre mi accompagnava a scuola, gli chiesi se poteva comprarmi L’Unità. E pensare che oggi quel giornale è stato chiuso dal Pd.

Quindi da subito chiaramente a sinistra, quali sono stati i tuoi primi impegni nel mondo politico?

Lo capii dai libri di storia che quella sarebbe diventata la mia famiglia e che sarei stato un comunista (sorride). Per molti della mia generazione c’è stato un momento di non ritorno: il G8 di Genova fu una grande chiamata all’impegno politico concreto. Mi iscrissi a Rifondazione Comunista e lo stesso anno mi elessero segretario del mio circolo. Successivamente nel 2009 sono stato eletto assessore al Comune di Civitaquana e dal 2010 ho fatto parte della segreteria nazionale dei Giovani Comunisti.

Ed ora Mdp? Com’è andata?

Era necessario farla finita con due errori cronici della sinistra italiana: quello per cui si chiedono i voti di sinistra per fare poi riforme di destra come ha fatto Renzi e quello della “riserva indiana” per cui con un consenso elettorale piccolissimo non si cambia nulla della vita reale dei cittadini. C’era bisogno di uno scatto di coraggio. Per questo è nato Art.1 Mdp, un partito di sinistra vero che vuole governare il Paese per cambiarlo.

Hai dei maestri, persone a cui ti ispiri?

Ci sono persone senza le quali non sarei qui, maestri che mi ispirano ogni giorno ma preferisco citare un altro tipo di riferimenti: Antonio Gramsci, Enrico Berlinguer e Yasser Arafat.

E poi? Non può esserci solo la politica.

Sto per laurearmi in sociologia e leggo molto, soprattutto di storia. Forse ho sbagliato, avrei dovuto laurearmi in storia. Non ho mai imparato a suonare uno strumento ma mi piace molto ascoltare musica mentre lavoro: Guccini, De Andrè e Springsteen in primis, soprattutto da adolescente insieme a Manu Chao e ai CCCP. Ora ascolto i Baustelle, I Cani, i Marlene Kuntz e gli Offlaga Disco Pax. Mi piacerebbe ritagliarmi del tempo anche per giocare a tennis, uno sport che amo, ma per il momento non ancora ci riesco.

Domenica 3 dicembre avete lanciato Liberi e Uguali, la lista per le prossime elezioni politiche con Pietro Grasso. Credi davvero che riuscirete a parlare ai tanti giovani delusi da questa politica?

Guarda, credo che la politica abbia commesso gravi errori, ma credo anche che la soluzione a quegli errori passi per l’impegno politico: l’antipolitica e l’astensionismo, per quanto comprensibili, fanno sempre il gioco dei più forti. Sarebbe come dire che siccome non piace la minestra che ci hanno preparato smettiamo di mangiare. No, bisogna rimboccarsi le maniche e cucinarsi qualcosa di meglio.

E a te piace cucinare?

Si! Ecco, questa potrebbe essere un’altra passione che non ho mai coltivato.

Ma perché un giovane oggi dovrebbe interessarsi alla politica?

Vedo troppi amici e coetanei letteralmente sfruttati, costretti ad accettare contratti precari vergognosi pur di andare avanti senza avere la possibilità di costruirsi una vita dignitosa, senza poter far nascere una famiglia e realizzarsi. A quei giovani dico di non arrendersi, la politica non è tutta uguale. C’è una grande rabbia che, se resa costruttiva e se trasformata in entusiasmo, può cambiare davvero le cose.

Quali sono le tue ambizioni?

Le mie ambizioni sono collettive: vorrei vedere un’Italia dove siano date a tutti le stesse possibilità a prescindere da quanti soldi hai in tasca o dal cognome di tuo padre e dove il lavoro sia una certezza. Ma non è ancora così.

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