Cultura e eventi

Le frontiere e i rischi del nuovo giornalismo nella rubrica “Dialoghi”

Nel 142esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro” Michele Fina ha presentato con l’autore il libro di Michele Mezza (giornalista, saggista e docente dell’Università Federico II) “Net-war. Ucraina: come il giornalismo sta cambiando la guerra” (Donzelli Editore).

Fina ha spiegato che “Mezza dice che siamo in una nuova forma di guerra ibrida che chiama in causa la proprietà dei dati e la potenza dell’informazione. Una nuova forma di giornalismo cambia e modifica il conflitto. E’ un libro molto utile tra gli altri agli aspiranti giornalisti”.
Per Mezza “è decisivo oggi riflettere sul ruolo del giornalista. E’ appena arrivata la notizia che Repubblica e Corriere della Sera si sposteranno in gran parte sul web. Non è solo un elemento di modernizzazione, è una trasformazione radicale che riguarda anche l’automatizzazione dei contenuti. L’elemento che cerco di affrontare nel libro è la relazione tra la comunità sociale e i proprietari di queste potenze di calcolo. Pierguido Iezzi, uno dei co – autori, ha annunciato che la sua azienda è riuscita a riprogrammare l’algoritmo di Musk che produce contenuti. Questo progetto editoriale nasce dell’osservazione della prima fase della guerra, in cui si sono verificati fenomeni inediti: si è combattuto utilizzando gli strumenti della comunicazione. La società civile ha combattuto rimanendo società civile, contribuendo ad esempio a localizzare i blindati: la connessione ha dato ruolo e protagonismo alla società ucraina. Il mondo della comunicazione diventa di conseguenza parte del conflitto e si deve riorganizzare e riclassificare. I grandi colossi come Facebook, Microsoft, Twitter e Google hanno avuto un grande impatto specialmente all’inizio della guerra e questo ci dice da un lato che la guerra sia privatizzata, e di conseguenza non potrà che essere privatizzata la pace. Ci sarà poi anche una net – peace, conterà la società, gli amministratori locali, le organizzazioni, la cultura”.L’autore ha proseguito: “Per quanto riguarda il giornalismo, la novità è che la notizia non è più di pertinenza di un gruppo di mediatori ma è un processo sociale che si moltiplica in base all’attività di ognuno di noi. La guerra introduce elementi nuovi: l’armamentario del giornalista diventa logistica militare, il giornalismo diventa cybersecurity, si rompe il legame tra il fatto e la fonte, dietro al fatto c’è una pluralità di fonti ed individuare quelle reali diventa complicato tanto più che va fatto in velocità. Ci sono nuove figure professionali e nuove competenze, è una partita a cui dobbiamo dare un’anima, così come facemmo nel Novecento con la fabbrica. C’è da dire che la guerra ibrida non finirà mai, anche dopo il cessate del fuoco. E’ un modo di vivere l’umanità, il giornalismo entra a far parte del sistema di sicurezza di un Paese: bisogna trovare il modo di garantire controllo, a cominciare dal tema delle infrastrutture. Bisogna riflettere sulla ricomposizione tra informatica e informazione. Va colmato il buco tra soggetto e decisioni, a cui non partecipiamo più”.

Conseguenze naturalmente geopolitiche: “Oramai i confini sono quelli delle onde elettromagnetiche,, le leggi e le regole ne devono tenere conto e devono essere sorrette e aggiornate continuamente. Elon Musk ha comprato Twitter per avere una sorta di serbatoio per addestrare i suoi software di intelligenza artificiale automatici”.

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