Cultura e eventi

A Vicenza sedicenne costretta ad abortire

Vicenza. Un gravissimo episodio sarebbe accaduto all’Ospedale Santorso nella provincia di Vicenza. Nella giornata di ieri, 12 giugno, una ragazza di sedici anni sarebbe stata costretta ad abortire dai propri genitori presso l’ospedale.

Secondo alcuni testimoni, la giovane ha chiesto aiuto, tramite whatsapp, ad un’amica che si è recata prontamente in ospedale. La ragazza avrebbe detto: «Ho paura, tanta paura perché vogliono uccidere il mio bambino!». L’amica è stata raggiunta da altre due compagne ma poi sono state allontanate, con l’accusa di causare disturbo al reparto. Si sono consultate con alcune associazioni pro-life per poi decidere di sporgere denuncia. È stato loro risposto che le pattuglie di Schio erano tutte momentaneamente impegnate ma anche che, senza la firma del consenso, nessuno avrebbe potuto obbligare la loro amica ad abortire. Alle ore 15.05 si interrompono le comunicazioni tra la giovane e le sue amiche: il suo telefono è irraggiungibile. Alle 17.50 i carabinieri arrivano sul posto, ma la ragazza è già uscita dalla sala operatoria: contro la sua reale volontà, suo figlio è stato abortito.
«Stando a quanto riportato dai testimoni, i fatti sarebbero di gravità inaudita: essi dimostrerebbero quello che andiamo dicendo da tempo», dichiara Toni Brandi, presidente di ProVita onlus, «cioè che il fantomatico “diritto di scelta” riguardo all’aborto, quasi sempre non è tale. Le donne subiscono spesso pressioni inimmaginabili… Due vite sono state distrutte e ciò – se viene confermata la versione delle amiche – con la scandalosa complicità di un personale sanitario che sarebbe venuto meno al proprio giuramento. Chiediamo al nuovo ministro della Salute di intervenire sulla vicenda perché ogni responsabilità sia accertata».

È già grave che si consenta la soppressione di vite umane con l’aborto. Lo è ancora di più quando si permette che anche le donne che vorrebbero tenere il loro bambino siano spinte o addirittura costrette ad eliminarlo. La legge 194 non doveva scoraggiare l’aborto, tanto da farlo diventare una extrema ratio? Non reca forse nel titolo: “Norme per la tutela sociale della maternità”?

Conclude Brandi: «Questo caso dimostra per l’ennesima volta il fallimento di una legge ingiusta che, a quanto emerge sempre più chiaramente, si presta ad essere applicata in un solo senso: quello contrario alla vita e alla maternità. Siamo vicini con la mente e il cuore alla povera ragazza e al suo bambino».

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