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“Amazzonia” e “Niente”: Pietruccio Montalbetti diviso tra letteratura, viaggi e musica VIDEO

Milano. Un libro d’avventure ispirato ai grandi classici Un musicista sulle tracce delle culture native, si tratta di Amazzonia. Io mi fermo qui. Viaggio in solitaria tra i popoli invisibili” di Pietruccio Montalbetti ed edito da Zona Music Books 2018, libro 220 pagine dal costo di 19,90 euro – ISBN 9788864387536 e-book pdf EURO 10,90 – ISBN 9788864387734 e-Pub EURO 10,90 – ISBN 9788864387741.
Pietruccio dei Dik Dik nei luoghi più selvaggi e remoti di Ecuador e Perù, tra rischi di ogni genere e incontri emozionanti, alla scoperta degli indios che non si sono piegati né agli Incas né ai conquistadores e che ancora vivono del solo rapporto con la natura, nel folto della foresta. Un ambiente estremo, dove il confine tra vita e morte è labile ma, proprio per questo, assume tutt’altro valore.
L’autore – noto come chitarrista dei Dik Dik, il celebre gruppo musicale italiano, appassionato esploratore con alle spalle numerosi itinerari estremi in solitaria – ha affrontato tutto questo da solo, o insieme a occasionali compagni di viaggio, sfidando sé stesso e le proprie capacità di sopravvivenza in un’esperienza ch’è un’appassionante lezione su ciò che veramente unisce gli uomini, a ogni latitudine e al di là di ogni pregiudizio.
Pietruccio MOontalbetti, storico chitarrista dei Dik Dik, il gruppo musicale nato nel 1965 e mai tramontato nel cuore degli italiani, è nato a Milano nel 1941. Ha già pubblicato i libri I ragazzi della via Stendhal (2017), Settanta a settemila. Una sfida senza limiti di età (2017), Io e Lucio Battisti (2013) e Sognando la California, scalando il Kilimangiaro (2011). Sua l’immagine di copertina. A episodi narrati in questo libro sono ispirati alcuni brani del suo album solista Niente (Saar Records 2017).
Zona Music Books / Editrice ZONA dal 1998, libera editoria via Massimo D’Azeglio 1/15 – 16049 Genova – www.zonamusicbooks.it direttore editoriale: Silvia Tessitore 334.5363845 – tessitoresilvia@gmail.com direttore commerciale: Piero Cademartori 338.7676020 – info@editricezona.it.
L’autore del volume, nonché chitarrista dei Dik Dik, ci ha gentilmente concesso un’intervista.

– Ci troviamo con Pietruccio Montalbetti, benvenuto. “Amazzonia. Io mi fermo qui” è il titolo della tua ultima fatica letteraria. Inoltre c’è anche un lavoro a livello discografico. Ci parli un po’ di queste sue ultime esperienze.
– “Con i Dik Dik abbiamo sempre la voglia di portare avanti dei discorsi musicali, abbiamo fatto un disco che si chiama ‘50… il sogno continua’, però purtroppo la discografia non è un gran che, ho fatto anche un disco mio personale che si chiama ‘Niente’ che vuol dire tante cose, è un’espressione di come sono io in questi anni. da bambino non sognavo di fare il musicista, ci sono capitato un po’ per caso, per emulazione, mi piaceva stare sul palco, ho cominciato a suonare la chitarra, ho avuto successo e continuiamo ad essere amati perché siamo delle persone pulite, non siamo mai caduti nelle droghe e nelle cose futili, noi abbiamo sempre fatto delle canzoni di spessore. Però in effetti il mio sogno da bambino che realizzo da 45 anni è quello di fare l’esploratore e ogni anno parto per delle avventure molto particolari da solo, ho scalato montagne di 7 mila metri. Praticamente io ho tre vite: la vita del musicista, la vita dell’esploratore e la vita dello scrittore. Ho già pubblicato 5 libri, fra 4 mesi esce il sesto e ne ho altri 8 pronti. Non sono tutti di aventure e di viaggi, il prossimo sarà una specie di denuncia sulle nefandezze che hanno fatto certe persone appena dopo la guerra, si chiama ‘L’enigmatica bicicletta del ‘38’ e va dall’immediato dopoguerra alla caccia dei fascisti che hanno fatto delle nefandezze tanto quanto i tedeschi. Invece l’ultimo libro che ho pubblicato, che è il quinto, è ‘Amazzonia. Io mi fermo qui’, ‘Io mi fermo qui’ è una delle nostre canzoni, ma io non mi fermo qui, sono molto avventuroso, in una mia avventura che è durata due mesi ho scoperto una tribù che cercavo da anni e che si pensava fosse estinta e invece sono riuscito a trovarla, poi l’ho comunicato all’istituto scientifico che li stava cercando. Sono tribù molto isolate, non hanno contatti con la ‘civiltà’, come la chiamiamo noi, sono coloro che curano la nostra natura, cacciano per vivere, sono degli uomini molto primitivi, è come fare un flashback della propria esistenza e ti rendi conto di come eri prima. Vivono di caccia, di pesca e non hanno, come accade in Occidente, nevrosi, psicanalisi, ma sono persone serene, che vivono in comunità l’uno con l’altro, non sono a contatto con quella che noi chiamiamo ‘civiltà’. Conoscono il nostro mondo, ma vivono tranquillamente ed è un’esperienza molto importante. La gente mi chiede sempre tre cose: se ho soldi, tempo e coraggio. In fondo per fare i viaggi che faccio io ci vuole poco denaro prchè con 500 euro si va e si torna, quest’ultimo viaggio si svolge in Ecuador, quando si arriva lì, ci si fa accompagnare dalle guide e non ci sono più spese, ci vuole spirito di adattamento: questo significa mangiare quello che mangiano loro, vivere come vivono loro, quindi non avere preclusioni sul cibo o di dormire in capanne dove ci sono ad esempio degli scarafaggi. Per quanto riguarda il tempo, io ho 77 anni, dico sempre che il tempo passa, fino ai 18 anni passa molto lentamente perché non si vede l’ora che arrivino i 18 anni per avere la patente, poi fino ai 25/30 ci sono gli studi e passa ancora lentamente, poi ci si comincia a fare la famiglia, a fare un lavoro, poi un giorno ti svegli la mattina e hai 60 anni, ti guardi allo specchio e vedi i primi fili bianchi dei capelli, oppure vedi che ti sei stempiato e ti rendi conto guardandoti indietro che ieri avevi 30 anni. Quindi il tempo va troppo velocemente e non bisogna perderlo, però so una cosa importante: quando smetti di sognare, a qualsiasi età, vuol dire che sei un uomo morto non fisicamente ma psicologicamente. Bisogna mantenere sempre i sogni, sognare delle cose, avere un’elasticità mentale perché ti aiuta ad invecchiare meglio, senza dei progetti io continuo a scrivere libri, a suonare e a viaggiare. Sono fortunato perché sono in buona salute, ma la salute me la sono anche creata perché non ho mai fatto uso di droghe, questo è un messaggio che do a tutti i giovani, quella di non fare uso né di droghe, né di alcol, né di sigarette. Poi ho fatto sempre attività fisica, Karate, Sci”.
– Questa non è la tua unica pubblicazione, negli ultimi anni è stato autore di altri volumi. Come ha scoperto questo suo aspetto letterario e che rapporto ha per lei la scrittura con la musica ed i viaggi?
– “Non c’è nessun rapporto tra la musica e la scrittura, la musica mi ha permesso di essere un libero professionista e quindi di gestire il mio tempo come volevo. La musica è una cosa ed il viaggio è un’altra, non è che viaggio ed ho ispirazione musicale, assolutamente, perché quando viaggio lo faccio con la funzione di scoprire perché sono curioso. La curiosità è uno dei sintomi più importanti della nostra vita, è sintomo di intelligenza, io non sono intelligente, ma sono curioso. È importante cercare di capire, io in questi anni ho letto la Bibbia, i vangeli apocrifi, ho letto Filosofia, la Fisica, l’Astronomia. Studio e leggo sempre, sono curioso di sapere com’è il pianeta. Dostoevskij dice una cosa molto carina, dice che è importante vivere, ma è altrettanto importante capire il significato della propria vita. C’è gente che vive una vita senza viverla e muore senza averla vissuta, invece bisogna sempre avere la curiosità di sapere. La gente mi chiede sempre dove trovo il tempo per scrivere, io dico sempre che vivo in una bella casa, ho tre televisori ma non li accendo quasi mai, mi dedico di più alla scrittura, alla lettura e ad altri interessi. Se accendo il televisore, vado su Sky e se c’è un bel film lo guardo, altrimenti vado sulle trasmissioni scientifiche e le guardo, anche quella è una cultura. Non è facile scrivere, ma ho scoperto una vena letteraria facilissima, che non è solo ed esclusivamente di viaggi. Il 19 febbraio uscirà un nuovo libro, il sesto, che si intitola ‘L’enigmatica bicicletta’, è un racconto inventato però con delle date ben precise, che parte dal 1938, quando c’erano le Leggi razziali e finisce nel 1946 quando gli ex fascismi si convertono, vanno contro il fascismo e diventano dei partigiani e costituiscono una specie di FBI per prendere i fascisti che hanno fatto quelle nefandezze pegio dei tedeschi. È un Noir che verrà pubblicato in diverse lingue, lo scrivo perché la gente non dimentichi una cosa terribile. Quando si dice che gli italiani è brava gente non è vero perché quando hai la divisa militare ti permetti di fare delle cose terribili. Però la Germania e i tedeschi hanno fatto una cosa in più: hanno pianificato uno sterminio che non si può dimenticare. Quindi è un libro da parte mia, mi piaceva farlo, l’ho trovato un’idea molto carina e l’ho scritto. Poi ne usciranno anche altri sui miei viaggi perché perchè ho tante cose da raccontare e da dire”.
– Tra le varie pubblicazioni c’è “Io e Lucio Battisti” di cui nelle scorse settimane è ricorso il ventennale della scomparsa. Che ricordo ha di lui?
– “Lo scorso sabato ho preso un Freccia Rossa a sono andato a Roma al Parco della Musica, all’Auditorium, dove sono andato per raccontare alcune cose e raccontare alcune canzoni. I miei compagni sono sacrosanti perché i Dik Dik rimangono sempre in prima linea, però ho fatto delle cose mie personali per il piacere di farle. Lucio Battisti l’ho conosciuto prima che diventasse famoso, tra l’altro avevo un fratello che è morto che gli disegnava le copertine. Quindi si era creato un rapporto tra lui e la mia famiglia, mia madre, mio fratello e mio padre. L’ho conosciuto prima che diventasse famoso e ci sono rimasto amico per tutta la vita, sono arrivato al successo prima di lui, quindi lui mi guardava come io potrei guardare Paul McCartney e io lo guardo come quel ragazzo che suonava nell’orchestra dei Campioni. Si era creata una sorta di empatia e con lui ho fatto delle vacanze, delle gite ed una vita in comune, lui veniva spesso in casa mia e mia madre lo trattava come se fosse un figlio, uno di casa. Quindi in questo libro posso raccontare delle cose personali che nessuno conoscono, perché tutti si arrogano il fatto di aver scoperto Lucio Battisti, ma Lucio Battisti non deve niente a nessuno, deve solo a se stesso e a Roby Matano che è il ragazzo che cantava per i Campioni e a Mogol che, pur essendo una persona che umanamente non ha prezzo, sotto il punto di vista professionale è riuscito ad aprire una cassaforte che poi ha sviluppato. Battisti non l’ho scoperto io, ma posso dire che mi faceva ascoltare delle canzoni prima di diventare quello che è diventato, erano delle canzoni mediocri. Lui mi diceva che aveva qualcosa dentro che non riusciva a sviluppare, Mogol è riuscito ad aprire questa cassaforte, ha trovato la combinazione e poi è scaturita una musica che ricorderemo per tutta la vita. È stato veramente uno spartiacque molto importante per la musica italiana, tant’è vero che il riferimento per tutti è Lucio Battisti, è stato veramente un grandissimo musicista con tantissime canzoni una differente dall’altra. Molti cantanti fanno più o meno la stessa canzone per tutta la vita, invece apprezzo molti cantanti come Venditti, Zucchero o Vasco Rossi che si distinguono da quelli, non facci o i nomi, che hanno trovato un motivo e fanno sempre quello”.
– Per i Dik Dik tanti i successi nel corso degli anni a quale successo siete più legati e perché?
– “Noi siamo il gruppo che ha più primi in classifica in assoluto, non abbiamo venduto più dischi di altri che sono stati più astuti di noi. Abbiamo venduto anche noi, solo che se avevi venduto 1 milione di copie, le case discografiche dicevano che ne avevi vendute 300 mila. Ma noi abbiamo tantissimi successi, siamo legati tantissimo alle nostre canzoni perché le ho sempre scelte io, alcune le ho scritte io, ma ho sempre pensato al meglio. Le nostre canzoni sono durate nel tempo (‘L’isola di Wight’, ‘Sognando la California’, ‘Primo giorno di Primavera’), proprio in questi giorni sta uscendo un nuovo prodotto, è un cofanetto nel quale da una parte ci sono le nostre canzoni cantate dal vivo e dall’altra parte invece c’è un dvd che ho girato in due anni da solo, ogni giorno avevo in mano la cinepresa, poi l’ho fatto montare da mio fratello Cesare. Poi dietro le quinte ho girato qualsiasi cosa facevamo, c’è sempre la musica. Quindi da una parte c’è il cd e dall’altra il dvd montato con delle cose particolari della nostra vita quotidiana e di quando facevamo i concerti”.

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