Politica

Focus sul Progetto Radici in un convegno a Caserta

Caserta. Si terrà venerdì 23 novembre, dalle ore 15:30, nel suggestivo contesto della Sala Principini della Reggia di San Leucio a Caserta, il focus “Progetto Radici: un’idea innovativa per gli Italiani all’Estero” promosso dall’Associazione Internazionale “Radici”, in collaborazione con l’Associazione Culturale Movimento Sud, Federiciana Università Popolare, l’Associazione Culturale Asmef–Ismer. Il Convegno, dopo il saluto del Sindaco di Caserta, avv. Carlo Marino, prenderà avvio con le relazioni del presidente dell’Associazione Radici, Mario Pavone (Il Progetto Radici: analisi e prospettive di sviluppo delle Regioni del Sud), Maria Catalano Fiore, già dirigente Mibact per la Puglia(Il valore delle Terre del Sud e del suo patrimonio culturale, artistico e museale), Gregorio De Luca, presidente Movimento Sud (Esperienze maturate dal Movimento per il “Turismo di ritorno” dei nostri Emigranti), Silvana Virgilio, del Direttivo dell’Associazione Radici (L’Emigrazione dalla Campania agli inizi del ‘900 e nel primo dopoguerra), Regina Resta, presidente dell’Associazione culturaleVerbumlandiart (Un percorso alternativo per la valorizzazione della Regione Campania e del suo patrimonio). Modererà gli interventi e il successivo dibattito Salvatore M. Mattia Giraldi, presidente della Federiciana Università Popolare di Cosenza. Ospiti d’onore dell’evento il Presidente di Italia Nostra, Oreste Rutigliano, l’economista Lorenzo Toglia e il presidente di Asmef-Ismer, Salvo Iavarone.

L’Associazione internazionale Italiani all’estero “Radici”, che ha avuto i prodromi nel giugno scorso per iniziativa dell’avv. Mario Pavone, è stata regolarmente costituita il 27 luglio con l’approvazione dello Statuto e la formazione degli organi sociali, eleggendo alla presidenza lo stesso avv. Pavone. Il Progetto “Radici”, atto fondamentale per realizzare operativamente le finalità dell’Associazione, nasce per valorizzare il patrimonio storico, culturale ed umano legato al grande esodo migratorio dalle regioni del Sud, che coinvolse l’Italia a partire dalla fine dal 1861 e che in poco più d’un secolo ha riguardato oltre 27 milioni di italiani.Il Progetto Radici diviene quindi simbolo dell’italianità emigrata che ritrova appunto le proprie radici in un itinerario ricco e suggestivo nelle regioni, città e borghi di provenienza, nella conoscenza dei beni materiali ed immateriali che corredano questa importante pagina di storia.

Attraverso la vita le esperienze vissutedai nostri connazionali nei Paesi d’emigrazione, con il bagaglio di nostalgie, gioie e dolori che hanno accompagnato l’integrazione nelle terre d’accoglienza, con le sconfitte e le vittorie, si vuole costruire per gli italiani delle varie generazioni dell’emigrazione un ampio ventaglio di opportunità e di forti relazioni con le regioni del Sud Italia (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia).Un progetto integrato che porti gli emigrati – e iloro figli e nipoti – a riscoprire sotto nuova luce la loro terra d’origine, con i valori culturali, ambientali e artistici che rendono il Meridione d’Italia uno scrigno d’incomparabili bellezze. A loro disposizione, in un “turismo del ritorno”, un rinnovato percorso semantico fatto di ricettività diffusa e a costo contenuto, visite guidate ai beni artistici e monumentali,alle produzioni agroalimentari,alle aziende agrituristiche cresciute sul territorio, alle tradizioni culturali degli antenati: tutte testimonianze che tracciano il viaggio identitario nella storia della terra d’origine.

Si tratta,quindi,d’un Progetto di innovativa concezione,che favorisce nuove relazioni dei nostri emigrati con la terra natale, rivolto particolarmentealle giovani generazioni che poco conoscono, o non hanno mai conosciuto, la bellezza dei luoghi, le eccellenze del territorio, l’arte e le tradizioni dei borghi del sud Italia, i sapori dell’enogastronomia di qualità, l’ospitalità rurale della gente, la cortesia e l’amicizia che si forgia intorno alla ricerca delle proprie radici. Tutto nell’obiettivo di valorizzare il grande patrimonio di storia, arte, tradizioni, valenze ambientali, memoria collettiva, di cui sono ricche le regioni del nostro Meridione. Una particolare attenzione, per l’appunto, è diretta verso i giovani d’origine italiana all’estero, perché attraverso politiche mirate possano trovare opportunità di studi universitari e post universitari, grazie ad accordi di collaborazionetra atenei italiani e stranieri, con formazione telematica e Summer School nelle regioni meridionali, qui potendo disporre di un’ampia rete di accoglienza e di guida alla conoscenza dei territori, proprio nel segno della riscoperta delle radici.

Il Progetto Radici, peraltro, operando con la necessaria gradualità, sulla scorta della conoscenza e delle relazioni non episodiche che si genereranno, potrà stimolare collaborazioni e opportunità d’investimento nelle terre d’origine dei nostri emigrati, con l’obiettivo del recupero di luoghi e borghi abbandonati, grazie alla valorizzazione di un turismo che ai circuiti preconfezionati prediliga l’intrigante scoperta della “provincia” profonda del nostro Meridione, con le sue ricchezze artistiche e culturali, con le meraviglie di paesi e città, con l’incanto delle sue costiere, dei paesaggi rurali, delle sue montagne, e con la straordinaria cornucopia di sapori della sua gastronomia.

Attualmente il Progetto Radicista muovendo la fase ricognitiva, in Italia e all’estero, attraverso i canali dell’associazionismo regionale. Già peraltro impostando le prime collaborazioni operative, che man mano andranno a riguardare i Paesi del Nord e Sud America, e dell’Europa, dove il fenomeno migratorio italiano è stato di più ragguardevoli dimensioni. Il focus di Caserta, nello splendido scenario delle Telerie di San Leucio, potrà dunque stimolare utili riflessioni e rafforzamenti ai propositi del Progetto Radici e alla migliore veicolazione della comunicazione informativa verso le comunità italiane nel mondo.In fondo, questo è l’obiettivo principale dell’iniziativa qui a Caserta. Dopo quella di Bari nel settembre scorso, e questa di Caserta, se ne vedrà altre svilupparsi in altre città del sud Italia e finanche all’estero, dove un Convegno internazionale potrebbe vedere la luce nel corso del 2019 a Rio de Janeiro, coinvolgendo le realtà presenti nei Paesi latinoamericani con più forte presenza italiana, quali appunto il Brasile, l’Argentina, l’Uruguay e il Venezuela.

Qualche notizia, infine, sulla Reggia di San Leucio, che farà da meraviglioso sfondo al Convegno del Progetto Radici. San Leucio è un piccolo borgoa pochi chilometri dal centro di Caserta, alle pendicidell’omonimo colle dove in epoca longobarda venne edificata una chiesa dedicataal Santo. Nel Cinquecento gli Acquaviva, principi di Caserta, vi costruirono un castello che chiamarono “Belvedere” per la splendida vista che spazia su Napoli, il Vesuvio e le isole del Golfo. A metà Settecentoquel tenimentodegli Acquaviva fu acquistato da Carlo diBorbone e dal 1759, con l’intero Regno, passò nelle mani di suo figlio Ferdinando IV. Il primo intervento del giovane Re verso San Leucio risale al 1773,quando dispose la completa recinzione della proprietà. San Leucio rappresentava per Ferdinando un luogoideale,in collina, per immergersi nella quiete della natura e per dedicarsi alla caccia, lontano dallavita pomposa di corte. Negli anni seguenti egli incaricò l’arch. Francesco Collecini,allievo e primo aiutante di Luigi Vanvitelli, d’ingrandire il palazzo e di trasformarlo in un centromanifatturiero per la lavorazione della seta.

Nacque così, nel 1789, la Real Colonia Serica diSan Leucio, per la quale il Re emanò uno specifico Codice di norme che regolavano diritti e doveri degli abitanti del borgo. Proprio nell’anno che vide in Franciascoppiare la Rivoluzione, Re Ferdinando i Borbone disponeva per San Leuciol’uguaglianza tra i cittadini, pari diritti per tutti, lameritocrazia, l’educazione scolastica obbligatoria, la libera scelta nei matrimoni, ed altre importanti concessionispecie a favore delle donne, che portano l’impronta della regina Maria Carolina più che del Re. Ogni dipendente della fabbricadella seta, inoltre, era tenuto a versare una quota della retribuzione alla Cassa della Carità, istituita a favore degli invalidi, dei vecchi e dei malati.Tuttodunque ruotava intorno alla fabbrica, che lavorava la seta generata dai bachi allevati nelle campagne delCasertano. Nelle filande di San Leucio siproducevano preziose stoffe per abbigliamento, per tappezzeriae parati, una ricca gamma di rasi, broccati, lampassi. Nei primi decennidell’Ottocento, con l’introduzione della macchina Jacquard, la produzione si arricchì distoffe broccate di seta, d’oro e d’argento, con una ricchissimagamma di colori.

Un luogo davvero speciale, caso unico in Europa: una fabbrica all’interno d’unadimora reale. Un esempio concreto di come i Borbone costruivano i nuovi borghi persperimentarvi, sin dagli albori della rivoluzione industriale, impianti d’avanguardia basandosi sulla loro autonomia.L’utopia di San Leucio finì purtroppo quando, con l’unità d’Italia, il setificio fu dato in mano aiprivati e lo speciale Statuto divenne carta straccia. Nella seconda metà del secolo scorso coloro cheancora lavoravano all’interno del Palazzo cominciarono ad abbandonarlo, per costruirealtrove industrie tessili più moderne. Da allora iniziò il degrado del complesso dismesso, fino a quando nel 1984, grazie ad un impegnativo e lungo lavoro di restauro durato 15 anni, il Palazzo Reale non è tornato arisplendere nella sua magnificenza artistica, architettonica e ambientale, diventando Patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco. Attualmente il Real Belvedere di San Leucio ospita il Museo della Seta e nei numerosi spazi del Palazzo reale si tengono convegni ed eventi culturali.

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