Chieti. Lo scandaglio esegetico dell’anima inquieta dell’artista Angelo Salce indaga, con un precipuo modo di vedere il mondo e la realtà, la dimensione fenomenica delle cose, mai dimentico, da buon iniziato agli studi di filosofia, che dietro la realtà c’è sempre qualcosa, dietro il fenomeno, direbbero i colti, c’è il noumeno, dietro ogni cosa ci sono categorie mentali o verità che, forse, solo l’artista riesce a cogliere.
Certo: da un lato, come nelle opere presentate in mostra, la natura ed il paesaggio la fanno da padrona, attraverso una seria meditazione sulla realtà che incede in un territorio dove postmoderno e nichilismo dominano persino sulle più elementari verità.
Ma la natura è la natura, dice il nostro artista, è lì, va resa sulla tela con il colore, l’unica logica a cui deve obbedire il vero artista, mai alla logica della mente, direbbe un acuto Paul Cezanne.
Paesaggio che si fa meditazione, ricerca della pace interiore, di quel silenzio agognato che solo la natura possiede, tra mare e cielo, vento e terra, dove si incrociano gli sguardi dell’artista, dove l’anima si frantuma, in un estraniarsi per ritrovarsi.
Natura e figura, binomio classico dell’arte moderna, con i volti della vita, i personaggi e le figure che popolano i nostri attimi, le nostre ore, persino minuti, nei quali cerchiamo l’altro che si fa Altro, verità, ancora di salvezza.
Angelo Salce non si lascia irretire dalle sirene dell’arte contemporanea, vive il tempo della creatività con un di più di energia ermeneutica, coglie l’attimo ed il frammento con una chiara matrice impressionistica, in linea con la visione dell’arte di Pablo Picasso: “L’artista è un ricettacolo di emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno.”
Massimo Pasqualone, critico d’arte e letterario, poeta, giornalista, insegna Sociologia dei processi culturali all’Università G. D’Annunzio di Chieti.