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190 anni dalla nascita Frédéric Mistral lo scrittore della favola contadina e della culturale provenzale

Un anniversario che non può passare inosservato è certamente quello Frédéric Mistral, il poeta provenzale che compie 190 anni dalla nascita. La difesa della cultura e dell’idioma Occitano – Provenzale ha, chiaramente, nell’opera di Frédéric Mistral un punto di sicuro riferimento che pone all’attenzione un rapporto significativo tra il dato etnico e la realtà linguistica. Modelli che hanno una straordinaria valenza in un dato che è profondamente letterario. Di cultura letteraria si tratta perché Mistral è un poeta, è uno scrittore, è un conoscitore di quella parola sommersa attraverso la quale si ufficializza una identità.

Frédéric Mistral nato in Provenza (e con precisione a Maillane) l’Otto settembre del 1830. Gli anni della giovinezza sono quelli formativi tanto che lo portano, nel periodo liceale, alla traduzione in lingua provenzale dei “Salmi penitenziali”. Una delle sue opere più importanti (se non la più importante) resta indubbiamente “Miréio” (ovvero “Mirella”) cominciata nel 1851, anno nel quale conseguirà anche la laurea. Questa opera che verrà pubblicata qualche anno dopo, nel 1859, è un progetto in cui trionfa una epopea in canti. Ma è nel 1854 che dà vita, insieme ad altri suoi amici, ad un vero e proprio movimento con lo scopo di difendere la lingua e la cultura popolare provenzale.

Mistral parla addirittura di rinascita del provenzale soprattutto nel linguaggio poetico. La sua collaborazione al giornale “Armana Prouvençau” è uno degli impegni costanti che lo porterà allo studio e alla cura di un vero e proprio dizionario francese – provenzale. Dal suo obiettivo rivolto alla rinascita del linguaggio poetico provenzale nascerà una scuola che avrà un titolo non etimologicamente traducibile: “Felibri”. Una scuola che avrà uno sviluppo notevole e Mistral diventa il riferimento centrale e la sua popolarità raggiungerà anche altri territori lontani dalla Provenza. Non smette di pensare alla poesia e di scrivere in versi. Al 1876 risale la raccolta di liriche dal titolo: “L’isole d’oro” che costituisce una pietra miliare nel suo percorso letterario. Successivamente darà alle stampe testi come “Nerto” del 1884 “La regina Giovanna” del 1890 e “Il poema del Rodano” sette anni dopo.

Intanto insiste nella promozione e nella ricerca e diffusione della cultura provenzale. Il suo gruppo si estenderà sempre di più. Nel 1906 pubblica “Le mie origini. Memorie e racconti”. Due anni prima gli viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura. Un Premio che devolve alla fondazione del Museo Arlatan di Arles. Molti altri testi usciranno postumi. Morirà il 25 marzo del 1914.

Tra i lavori postumi va citato “Proso d’Armana” nel 1926 ma per il valore popolare e profondamente radicato nella tradizione provenzale sono, altresì, da menzionale sia “Novello proso d’armana” nel 1927 e “Darriero proso d’armana” nel 1930. Un percorso, dunque, fedele a quel tracciato nel quale si individuano i valori di una tradizione fortemente ben radicati nella storia etnica della sua comunità.

Soprattutto in alcune liriche e nei racconti e nelle leggende provenzali si vive un costante recupero di un processo culturale di ritorno alla lingua della Provenza ma anche, grazie alla fiaba e agli elementi antropologici, un penetrare la coscienza di un popolo che punta alla rinascita della lingua per non far memorie quelle tradizioni che hanno sempre rappresentato la dimensione popolare delle comunità. Mistral lavora accuratamente sulle leggende perché è proprio attraverso questa forma di linguaggio e questo modello di raccontare le storie e definire la fisionomia dei personaggi che si caratterizza l’anima di un popolo.

Racconti come “Jean de la Vache” testimoniano una assonanza importante tra lingua e descrizione nel narrato. La lingua per Mistral è sempre uno strumento che permette di creare dei confronti ma anche dei dialoghi tra lingua e personaggi. Lo scrittore lo si constata proprio in questi casi e la lingua della Provenza non può che essere considerata come un destino per i personaggi che fanno della loro stessa vita una avventura tra i luoghi e le parole.

Il mondo contadino – fiabesco è una realtà abbastanza consistente e il difendere la lingua significa, per queste personaggi, difendere anche una terra. Il fiabesco è dentro il dettato di una cultura, ripeto, profondamente popolare. L’intreccio tra lingua parlata comune e provenzale è un sistema che educa alla tutela di una identità. Si legge una brevissima cesellatura nel racconto appena menzionato: “Jean de la Vache lasciò, così il mas, spingendo davanti a sé la vacca e andò a cercare fortuna: cammina…cammina!”. Il termine “Mas” indica una tipica fattoria della Provenza.

In “La vita in Camargue” c’è una strofa che potrebbe risultare importante proprio in virtù di quel gioco ad incastro tra lingua e fattore antropologico che è ricco di segni e di archetipi nella realtà contadina. Si legge: “I ràfi al mattino/Mangiarono acqua bollita/E pressano un panino/Su un’acciuga marcita””. E poi Mistral si affida ad un commento: “Questo per dirvi, cari miei, che i pelots della terra di Arles non legano i loro cani con degli spaghi da salsiccia…Eppure, ci sono mas e mas: alcuni dove non ci si trova male, soprattutto quando crepa una pecora; altri dove si patisce e dove i piatti di verdure vengono guarniti con olio di tamarisco”.

Ebbene, al di là della contestualità narrativa del racconto mi sembra appropriato sottolineare ancora una volto l’inserimento di antichi termini come “rèfi” (ovvero garzone di fattoria”, oppure “pelots” (ovvero fattore) o “tamarisco” (ovvero sta a indicare attraverso questo pseudonimo l’uso popolare dell’acqua). Ecco perciò come si inquadra una situazione che è marcatamente letteraria.

L’uso della lingua è una questione che pone in essere condizioni strutturali e condizionamenti all’interno di una visione che va trattata anche sul piano antropologico. Mistral conosceva bene l’intreccio tra la lingua e e espressioni problematiche del territorio.

In virtù di ciò la sua poetica non può che vivere come modello di una etno – letteratura che mira al recupero sia della lingua stessa sia della storia di un popolo che è quella di una Provenza le cui radici sono matrici antiche e il cui confronto con le altre dimensioni di una letteratura popolare (e mi riferisco a quella Catalana in particolare) restano fondamentali. Mistral grazie a questo raccordo tra etno e letteratura è riuscito a mantenere vivo il Provenzale. Dunque. Nel 1904 ottiene il Nobel per la letteratura con questa motivazione: “In riconoscimento della chiara originalità e della vera ispirazione della sua produzione poetica, che splendidamente riflette gli scenari naturali e lo spirito nativo del suo popolo, e, in aggiunta, al suo importante lavoro come filologo provenzale”.

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