Cronaca

Cerimonia commemorazione 79° bombardamento di Pescara

Pescara. L’Amministrazione Comunale di Pescara ha ricordato con una cerimonia davanti al muro della vecchia stazione ferroviaria le vittime, i feriti e i mutilati del bombardamento americano del 14 settembre 1943 che provocò migliaia di morti, la quasi totale distruzione della città e lo sfollamento dell’intera popolazione. Un importante appuntamento istituzionale inserito nel ciclo «Pescara non dimentica», che risponde a una precisa e lungimirante politica culturale mirata a preservare e diffondere la conoscenza storica delle pagine più significative e drammatiche del nostro passato. La commemorazione, che ha visto la partecipazione di autorità civili, militari e religiose, delle sempre presenti associazioni combattentistiche e d’arma e degli studenti dell’ultimo anno di corso dell’Istituto “Tito Acerbo” accompagnati da due insegnanti, ha avuto il suo momento culminante nella deposizione di una corona d’alloro ai piedi della lapide che ricorda quel drammatico e sanguinoso giorno della seconda guerra mondiale, con la benedizione di don Vincenzo Amadio e una preghiera in memoria delle vittime di tutte le guerre. Il gonfalone della Città di Pescara, dal 2001, si fregia della medaglia d’oro al valor civile concessa dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in riconoscimento delle sofferenze patite dalla popolazione e delle ferite subìte dalla città distrutta all’80%.

In apertura di cerimonia l’attrice Giulia Basel: ha letto un passo tratto dal libro di Marco Patricelli “L’Italia sotto le bombe” (Laterza): «Secondo l’Istituto di statistica l’Italia ha pagato con 64.354 caduti i bombardamenti angloamericani. Fino all’8 settembre le vittime erano state 20.952; dal 9 settembre 1943 al 25 aprile 1945 i morti erano invece più che raddoppiati: 43.402, che porta appunto il computo a 64.354 vittime dei bombardamenti. I numeri sono convenzionali e calcolati per difetto. Non è stato possibile – e probabilmente mai lo sarà – dare un nome a ognuno, e men che meno stilare un elenco preciso di tutti i caduti. Spesso nelle città come Pescara, e soprattutto dopo l’8 settembre 1943, vagavano o erano ospitate persone non registrate, sfollati, profughi, militari in abiti civili, uomini, donne e bambini in transito, faccendieri, contadini che portavano i prodotti al mercato e borsaneristi che facevano affari sulla fame e sulle necessità del quotidiano. Disintegrati, polverizzati, smembrati dalle esplosioni, sepolti sotto tonnellate di macerie, coperti dalla calce viva per il rischio di epidemie e risepolti ancora più giù nella terra nel periodo della ricostruzione come accaduto proprio qui, nel centro di Pescara».

Dopo la deposizione della corona d’alloro assieme al prefetto Giancarlo Di Vincenzo, e alla presenza del presidente del Tribunale Angelo Bozza, il sindaco Carlo Masci ha detto: «Questo muro è storia: è la nostra storia. È il simbolo di una giornata drammatica in cui persone e cose furono risucchiate nel vortice della guerra. Il muro ha portato fino a oggi le ferite delle schegge e delle pallottole, le persone o non sono sopravvissute o hanno portato nelle carni fino all’ultimo dei loro giorni la prova della ferocia dell’uomo sull’uomo e gli orrori della guerra. Il 14 settembre 1943 è una data che deve essere impressa nella nostra memoria e nel nostro essere e sentirci pescaresi, perché la città pagò il suo prezzo più alto a un conflitto da cui ritenevamo essere usciti con la proclamazione dell’armistizio, avvenuta appena sei giorni prima. Non fu così. Alla stazione, dove un’umanità sofferente, smarrita e bisognosa di tutto formicolava dappertutto tra i vagoni fermi sui binari per portare a casa il necessario. La guerra significava anche fame, e avrebbe significato di lì a poco anche freddo. Non c’era nessun freno al saccheggio perché lo Stato era imploso e valeva l’arte di arrangiarsi se si voleva sopravvivere. Quando sul cielo di Pescara si materializzarono di nuovo le sagome dei B-24 Liberator americani, iniziò la mattanza. Fu un tiro indiscriminato al bersaglio. Un bagno di sangue».

Il presidente del Consiglio comunale Marcello Antonelli, infine, ha sottolineato l’importanza dei «tre valori della pace, della libertà e della democrazia che vanno coltivati ogni giorno, con l’impegno di tutti. Per questo rivolgo un particolare ringraziamento ai ragazzi e alle ragazze della V classe geometri dell’Istituto “Acerbo” perché con la loro presenza rappresentano il passaggio di testimone tra le generazioni».

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