Politica

Il maestro Maurizio Colasanti ci parla del GO Festival di Guardiagrele

Guardiagrele. L’associazione Guardiagrele Opera da quattro anni organizza il GO Festival a Guardiagrele, si tratta di una manifestazione che unisce l’opera lirica ad altri generi musicali, al dibattito culturale, letterario e di attualità. Nell’ultima decade di luglio arrivano a Guardiagrele, grazie all’Opera Studio e alle masterclass di strumenti musicali, giovani cantanti e musicisti dall’Italia e da tutto il mondo, portando una ventata di freschezza e di entusiasmo in quello che è annoverato tra i “borghi più belli d’Italia”.
Questo evento è possibile, tra gli altri, anche grazie ad uno dei due direttori artistici, il direttore d’orchestra Maurizio Colasanti, presente sui palcoscenici di tutto il mondo, che ci ha gentilmente concesso un’intervista in cui si è parlato prevalentemente dell’evento.

– Da quattro anni l’associazione Guardiagrele Opera organizza il GO Festival a Guardiagrele, lei ha il ruolo di direttore artistico sulla base della sua esperienza come direttore d’orchestra e non solo. Come ha visto nascere e svilupparsi questo evento?
In realtà Go è un gruppo di persone incredibili dove ognuno apporta un contributo determinante. Il nostro è un insieme di competenze, vitalità, sollecitazioni, idee che trovano la sintesi attraverso un confronto serrato senza dirigismi e senza personalismi. Se Go è diventato in soli quattro anni un punto di riferimento per la cultura abruzzese lo deve principalmente alla tenacia e alla passione del dott. Lupiani in primis e di Donatella Ranieri, Vallì Ricci, Elsa Flacco, Rossana Di Federico, Michele D’Errico, Nicola Rosica, Gianfranco Marsibilio, i nostri sponsor e, non ultima, la figura insostituibile di Susanna Rigacci.
– Come sta nascendo l’edizione di quest’anno?
Da quest’anno Go si apre al territorio e agli altri generi musicali, senza abbandonare l’opera lirica che rimane sempre centrale. Il festival sta assumendo sempre più la dimensione di un evento insostituibile dell’estate abruzzese. Stanno maturando iniziative (che non posso anticipare) che dalla montagna fino al mare rappresenteranno un sicuro richiamo per gli amanti dell’arte intesa come espressione di corpo e anima.
– L’evento tratta dunque la cultura a 360°, dalla musica alla letteratura ed altro. Quanto sono importanti secondo lei questi eventi per la promozione del territorio e per la crescita individuale e collettiva?
Il prossimo futuro ci riserverà l’arrivo della robotica, che non solo aiuterà l’uomo nelle mansioni di tutti i giorni ma rappresenterà una rivoluzione soprattutto per ciò che riguarda il tempo e il suo uso. La cultura sarà chiamata a colmare molti vuoti. La sfida sarà quella di coniugare in maniera intelligente la cultura e l’intrattenimento facendo si che la prima rappresenti la ragione per cui valga la pena di muoversi e di immergersi nelle proposte che un teatro, un festival, una rassegna, nel nostro caso un territorio mette a disposizione. La nostra scommessa è questa, e al momento pur con la quasi totale assenza delle istituzioni, questa scommessa la stiamo vincendo, alla grande. Spiace osservare come le istituzioni, che dovrebbero anticipare il futuro promuovendo il meglio, siano ancorate e svogliatamente intente a sostenere con contributi evidentemente buttati al vento più un passato che ormai è morto e sepolto in luoghi polverosi e autoreferenziali, che la dinamicità di proposte intelligenti. Se solo contassero i numeri, in questo Abruzzo distratto, i nostri non hanno eguali se confrontati con quelli di istituzioni che ricevono centinaia di migliaia di euro. In quattro anni, oltre agli spettatori che mettiamo in platea ogni sera (l’anno scorso quasi 600 spettatori solo per la prima di Così fan tutte), abbiamo fatto arrivare (a loro spese) a Guardiagrele centinaia di ragazzi e ragazze provenienti da Stati Uniti, Francia, Canada, Russia, Giappone, Germania, Finlandia, Cina, Corea, Spagna, Brasile, con un impatto sociale ed economico di proporzioni inimmaginabili.
– Per concludere: lei ha iniziato a studiare la musica all’età di 5 anni, quindi ha incontrato questo mondo giovanissimo. Come ha scoperto e poi sviluppato la passione per la musica?
Penso di essere nato con la musica appiccicata da qualche parte; non riesco ad immaginarmi in un altro ambito e in un’altra professione, anche perché non ho mai dovuto pensarci né per necessità né per contingenza. La musica, come tutta l’arte, ha un grandissimo valore e una dimensione sia culturale che sociale. Io vengo da Pretoro, dove la tradizione musicale ha radici profonde e feconde. Sono passato come molti attraverso la banda e poi attraverso studi più profondi e severi. Ringrazio quelli che hanno incrociato la mia vita artistica, perché grazie al confronto e alle sollecitazioni dei miei maestri ho imparato che c’è sempre da imparare perché non si finisce mai di migliorare. Ho come l’impressione di non aver scoperto io la musica, ma che sia stata lei a venirmi a cercare, ogni giorno, tutti i giorni.

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