Politica

L’evangelizzazione abbraccia nuove grammatiche comunicative, oltre la scena

Pescara. “Siamo partiti come un gruppo di persone impacciate, spaventate, indurite e abbiamo scoperto il corpo come soggetto protagonista per la vita spirituale e sociale”. È questa la testimonianza di Daniele, uno dei partecipanti al progetto Bibliodramma organizzato dall’arcidiocesi di Pescara-Penne e voluto per un incontro tra la cultura biblica, l’uomo e i linguaggi creativi della scena.
Dopo diverse fasi di studio, ricerca e sperimentazione, il laboratorio ha realizzato un percorso con due gruppi paralleli di allievi grazie al supporto dell’ufficio catechistico della diocesi e «ha voluto creare un ponte di culture – spiega il regista Beniamino Cardines, impegnato come direttore artistico nell’iniziativa triennale che ha appena concluso il primo anno – un collegamento tra la Bibbia e le nuove pratiche artistiche contemporanee che, davvero, non conoscono più confini di grammatiche e codici espressivi».
Il tema giubilare della misericordia, per esempio, ha caratterizzato gli ultimi incontri del primo anno e si è realizzato attraverso il lavoro introspettivo, la conoscenza del corpo, la socializzazione e «l’esplosione di energia – continua entusiasta Cardines – Il laboratorio si è trasformato in un cantiere umano per la costruzione di una vera e propria porta santa, mediante l’utilizzo di mattoni di emozioni».
Un modo diverso di fare catechesi che mostra una Chiesa sempre più aperta a forme alternative di evangelizzazione e nuovi orizzonti di espressione: «È pensare comune che la Chiesa sia qualcosa di statico, di immobile – spiega don Nando Pallini – responsabile dell’ufficio catechistico diocesano – ed invece il progetto bibliodramma è un guardare avanti, e compartecipazione dei valori cristiani nella loro potenzialità unificante e attraverso nuove vie di comunicazione».
L’iniziativa, che riprenderà nel mese di ottobre, tornerà ad offrire un incontro liberante con la Parola per «dare espressione ad una voce interna incarcerata per anni – scrive Laura, un’altra partecipante – e che stava soffrendo negando la propria esistenza al mondo. Un’avventura per poter esprimere e condividere ciò che sono, attraverso il corpo, le parole, i gesti e soprattutto attraverso gli altri».

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