Politica

Meritocrazia Italia: “Delusione Prin 2022: la ricerca torni al centro dell’agenda politica”

Roma. “Delusione e amarezza per ricercatori e Università del Sud Italia per il riparto dei 749 milioni di euro (in parte a valere sul Recovery Plan) stanziati a finanziamento dei Progetti PRIN per l’anno 2022. La scelta ministeriale di ridurre la quota di riserva (del 40%) per il Sud resta a oggi priva di condivisibile motivazione.

Approssimazione e incertezza hanno accompagnato l’intera fase di composizione del bando. La stesura definitiva segue infatti due edizioni emendative. Nella prima, la quota di riserva dei fondi per il Sud era stata del tutto esclusa. Nella seconda era stata applicata la riserva all’intero stanziamento. Quella definitiva non acquieta le polemiche e la sua legittimità è rimessa alla valutazione dei giudici amministrativi. Disorientano più che confortare le promesse di rimediare alla riduzione imposta nel bando PRIN 2022, con una possibile compensazione da concedere tramite una maggiorazione della quota riservata nel Recovery alle Regioni del Sud, rinviata a data da destinarsi nei successivi bandi di gara.

Eppure è chiaro che, alla base del riparto territoriale delle risorse, v’è la necessità di favorire progetti d’investimento soprattutto in quelle aree geografiche caratterizzate dalla sistemica fragilità che ha creato un divario deleterio e porta l’Italia a crescere a velocità diverse. Ed è chiaro anche quanto la ricerca possa favorire quello sviluppo culturale che è il motore del progresso, sociale ed economico.

Le scelte pubbliche non contribuiscano ad acuire quel disagio che dovrebbero sanare.

Meritocrazia Italia chiede una revisione dei sistemi di finanziamento delle attività universitarie realmente volta a garantire vitalità e dinamicità ai meccanismi di formazione e diffusione del sapere, e dunque la predisposizione di meccanismi di distribuzione di premialità e incentivi basati su principi di efficienza e responsabilizzazione del sistema e ispirati a equità, tenuto conto delle specifiche variabili ambientali e alle specificità delle aree, e con esclusione del riferimento a parametri che sfuggono al controllo dell’ente e che prescindono dalla qualità del servizio offerto. In particolare, per evitare diversificazioni normative ingiustificate e, dunque, discriminatorie, da ridimensionare dovrebbero essere il peso affidato alla capacità attrattiva dei singoli poli ai fini della determinazione del livello dei risultati nel campo della didattica (capacità spesso connessa a tradizione, collocazione topografica, disponibilità di risorse da investire nel marketing, andamento del mercato del lavoro locale, propensione alla mobilità degli studenti, contesto sociale e familiare, etc.); e l’incidenza del tasso di occupazione dei laureati (triennali e magistrali) a dodici mesi dalla laurea.

Essenziale anche rivisitare i sistemi di misurazione della qualità della ricerca, verso processi valutativi non inutilmente burocratizzati, affidati a logiche algoritmiche e alla base di classifiche artificiose, ma calibrati sul merito del rendimento, in considerazione anche della diversità delle aree scientifiche e dei contesti territoriali; e ristrutturare poteri e competenze dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca.

Investire in conoscenza e rimuovere gli ostacoli al miglioramento della qualità della ricerca è passaggio fondamentale per quella Rivoluzione culturale necessaria al benessere collettivo e alla crescita anche economica del Paese”. Si legge così in una nota di Meritocrazia Italia.

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