Sui sentieri della bellezza

Oltre il frammento: Marco Pompei tra tempo e storia

di Massimo Pasqualone

C’è, a mio avviso, una idea di fondo che pervade il percorso zetetico dell’artista pescarese Marco Pompei, idea ampiamente condivisibile, soprattutto in questi tempi di arte troppo concettuale e di avanguardie esageratamente sperimentali.
L’idea è legata alla capacità che l’arte ha, secondo Pompei, di non fermarsi al frammento, all’attimo, al momento, ma di investigare, da un lato, il grande mistero della vita; dall’altro, entrare nel tempo della storia con una plausibile visione del mondo, una weltanschauung, per dirla con i tedeschi, che possa scalfire l’impossibilità tutta umana di dire il tutto, sempre e comunque protesi verso un assoluto che si fa infinito e, se vogliamo, Dio.
Questo porta Marco Pompei ad osservare l’esistente, in un rinnovato metodo esegetico esistenzialista, dove le figure umane, e questo ritorno alla figurazione mi sembra quanto mai opportuno in questi tempi di inopportuni capovolgimenti di percorsi, sono sempre metafora, simbolo dell’essere nel tempo e nella storia.
Metterei in campo, addirittura, una sorta di sospensione metafisica, uno sguardo sul varco temporale che è poi, in definitiva, la vita di ciascuno di noi.
Certo, con un titolo di una sua opera splendida, tutto questo è Utopia, perché, ci ricorda un celebre aforisma del filosofo Roberto Morpurgo, “Esistere è il gesto con cui si indica l’Utopia.”
Ecco risolto l’arcano: Marco Pompei, nell’osservare l’essere nel mondo, traduce questa osservazione in opera d’arte, che assorbe la figura umana come emblema del vivere.
Il caos in cui si vive oggi fa da sfondo alle figure, in un paesaggio anch’esso sospeso in una dimensione atemporale ed aspaziale, con tutta una serie di volti che, al pari degli uomini moderni, sembrano non manifestare mai emozioni, anaemotivi, catapultati forse nella vita.
Ascoltate queste parole di Pietro Citati: “Chi scrive versi o compone quadri e statue è spinto da un impulso insostenibile a far rinascere sulla terra l’età dell’oro: la fa rinascere nella sua opera, che è la stessa età dell’oro realizzata. Ma è anche simile a una divinità decadente, prigioniera nelle tenebre o esiliata ai limiti della terra, che porta nella memoria il ricordo dell’utopia e della sua fine irreparabile; o da un astro che fugge, sempre più pallido ed enigmatico, l’acume degli occhi umani.”
Parole davvero calzanti anche per le opere di Marco Pompei, artista oltre il frammento, tra tempo e storia.

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